Danzopoli

Da qualche giorno, attraverso i social, si è diffusa la notizia di uno scandalo, nell'ambito delle gare e concorsi del settore danza sportiva, truffe e irregolarità molto gravi, che hanno richiesto l'intervento della magistratura, la quale sta indagando, ed ha già individuato una lista di responsabili e collusi, che attraverso un sistema, illegale e fraudolento, consolidato nel tempo, si arricchivano, concedendo favori, cambiando l' esito delle gare, privilegiando associazioni, che a loro volta traevano beneficio dalla conquista di un podio non meritato.

Per tutto il mondo della danza, dalla danza classica al reggaeton, niente di nuovo, una semplice conferma che il marcio non è solo in Danimarca ( cit. Shakespeare), la corsa sfrenata alla conquista della coppa, del Santo Graal   che sancisce chi è bravo e chi no, non prevede limitazioni, si è disposti a tutto pur di vincere, non importa dove, con chi e cosa, l' importante e poter riempire gli spazi vuoti sulle mensole e nutrire gli algoritmi degli hashtag.

Per esempio, ad un concorso le mie piccole allieve avevano vinto un cartoccio di latte ... magra consolazione, ma abbiamo nutrito le ossa di calcio ... Meglio di niente. In che modo l'organizzazione della gara, sia venuta in possesso di un cargo di latte di una marca scritta in cirillico, non si è mai saputo.

Rammento un altro aneddoto esilarante ... In un noto concorso, con un cast stellare di giurati, è stata premiata una scuola che non c'era, avete capito bene, in teoria saremmo state nella stessa categoria, ma giurin giuretta, nessuno le ha viste esibirsi.

Un momento di grande spessore artistico l'ho vissuto in un teatro prestigioso, con un altro filotto di scienziati della danza, quando un giurato ha ammesso serenamente di aver premiato la coreografia più brutta perché si era annoiato.

Gli istanti successivi sono avvolti nella nebbia, perché ci fu un delirio da stadio dopo un derby.

Ho sempre avuto una venerazione per l'organizzazione ligia e secolare della danza sportiva, ma alla luce dei fatti, se mi crollano anche la salsa e il paso doble, significa che siamo entrati ufficialmente nell' era del bunga bunga, che si ripropone come un must dei momenti storici di livello infimo.

Ricordo immagini di giurati riverse su tavoli e poltrone, dopo la centonovesima esibizione alle 2.00 di notte, fuggire di nascosto per un prolasso della vescica, giocare a Candy Crash perché kitri in mezza punta a 8 anni in effetti non si può guardare.

Esistono per fortuna realtà di tutto rispetto, eccellenze dove arte e business si conciliano in maniera decorosa e legale, dove il clima è sereno, senza quell'aria impastata di sorrisi a 59 denti lavati al vetriolo ... E non ti sembra vero, perché fondamentalmente se non possiamo lamentarci di qualcosa, non va bene lo stesso.

Quindi la morale? Non ne esiste una che riesca, a giustificare una macchina generata dalla necessità di visibilità e guadagno da ambo i lati.

In questo brodo primordiale senza sbocchi artistici, in assenza di investimenti sulla cultura e sul potenziale sensibile dell'uomo, il concorso di danza, diventa l'ultimo baluardo per l'esibizione, acchiappando qualche borsa di studio messa in palio, dall'accademia prestigiosa al circolo “Amici della quadriglia” ... va bene qualsiasi cosa “senzadubbiamente” (cit. Albanese)

Il tutto condito da una legislazione fallace, che riunisce nello stesso carrozzone danza, bocce, boogie woogie, corsa nei sacchi, quindi partecipare ed organizzare gare non è un'opzione ma un dovere, e allora pioggia di competizioni a raffica e fuori controllo. I giurati vengono contesi senza ritegno, dal maestro di fama conclamata al fenomeno dell’ultima ora di qualche talent che ha perso il treno, al critico di danza blasonato, al critico e basta che guarda la danza su youtube. Alle 14.00, ora locale, sono a Forli, alle 20.00 sono a Caltanisetta … capite bene che il giudizio a mente fredda, sia l’ultimo dei loro problemi.

Il passo all’azione losca ed illegale è breve, perché in palio l’unico grande vero trofeo, è la dimostrazione di essere i migliori, attirare nuovi allievi, aumentando così il bacino di utenza, un business con cifre da capogiro, come dimostra il crollo di un impero nella danza sportiva. Per alcuni rappresenta un'estensione dell'attività didattica, un incentivo per migliorare le prestazioni, per altri si è trasformato in una azione patologica e compulsiva, in altre parole si "va in fissa" come una droga.

Personalmente ho sempre avuto una certa diffidenza per tali eventi, per un retaggio poco malleabile con la mia formazione professionale, ma gentilmente qualcuno mi fece notare, che assomigliavo all’ultimo giapponese sull’isola …e allora, con la fredda ironia che mi contraddistingue, ho riconvertito la vetero danza, in una “gestione didattica e artistica possibilista”.

Assomiglia ad una resa? Ad una mercificazione miserrima per non perdere allievi? Ad un parlare bene e razzolare male? Forse … Però si può e si deve trovare un giusto compromesso, che consenta di mantenere vivi determinati principi etici e nel contempo entrare a gamba tesa nel proprio ambito, senza dover necessariamente sopraffare il prossimo o sentirsi inferiori.

Portiamo avanti le nostre idee, anche se scomode e non con i passi in voga del momento, cerchiamo di scegliere le manifestazioni con cura, supportiamo chi, con competenza, serietà e poco clamore, organizza e offre delle possibilità, non portiamo gli allievi, per il semplice gusto di farlo, dove sappiamo già in partenza che i personaggi e gli interpreti sono fallaci, insegniamo ai nostri ragazzi che la competizione non è il male assoluto, il cimento sano e leale è una scuola di vita, insegniamo loro che vincere ha un valore relativo alla circostanza e perdere fa parte del grande bagaglio della vita.

La nuova frontiera della danza lascia spesso l’amaro in bocca, discutibile l’approccio e il fine, ma siamo noi a fare la differenza singolarmente, sempre e comunque.

Se esiste ancora una “danza buona” portiamola in scena, e dimostriamo che nonostante il business che si è generato, si può cambiare il sistema, anche a costo di perdere la competizione, un atto coraggioso e controcorrente, ma non ci si può solo lamentare, senza mai fare niente, le occasioni qualitativamente significative, si devono costruire.

Tra qualche tempo, gli unici veri vincitori saranno coloro che, nonostante e a discapito di questo sistema malato, avranno continuato a diffondere il valore della danza nella sua più semplice accezione: la danza in tutte le sue forme, è uno strumento espressivo e formativo che appartiene alla storia dell’uomo e come tale va tutelato dalle imperizie umane.

 

“Nessuno vuol essere giudicato per quello che veramente vale. Tutti vogliono essere giudicati per quello che credono di valere “

Roberto Gervaso